Fotografo, scrittore, velista e testimone di fede: la storia di Alberto Bilardo, un giovane palermitano che ha trasformato le difficoltà in energia creativa e speranza per gli altri
Nel cuore di Palermo vive un ragazzo che ha fatto della fragilità la sua forza, trasformando i limiti in opportunità e la disabilità in arte.
Alberto Bilardo ha trent’anni, una mente curiosa, mille passioni e una determinazione che sorprende chiunque lo incontri. In una fresca serata autunnale, seduti in un bar, nel corso di una serena e piacevole chiacchierata, ci ha aperto le porte del suo mondo: un mondo fatto di emozioni, di passioni, di gioie, di sofferenze, di riscatto e di normalità.
Fotografo, attore, scrittore, velista e tanto altro. Alberto, raccontaci un po’ di te.
«Mi chiamo Alberto Bilardo e ho trent’anni. Una tetraparesi spastica dovuta a un problema al parto mi ha lasciato difficoltà motorie e di linguaggio.
Sin da subito ho amato la vita, nonostante le difficoltà, e questa forza me l’ha trasmessa soprattutto la mia famiglia e i miei amici che, credendo in me, mi hanno dato la forza di non arrendermi.
È stato dopo aver preso la licenza liceale che mi è nata la passione per la fotografia.
Una passione che all’inizio mi sembrava impossibile coltivare a causa delle mie difficoltà motorie, che mi impedivano di impugnare correttamente la macchina fotografica. Ci è voluta un po’ di tenacia e un po’ d’ingegno, ma alla fine ho trovato un modo tutto mio di fotografare.
E a quel punto il sogno è diventato realtà. Non ho mai smesso di scattare e ho organizzato diverse mostre con le mie foto. Sono pure riuscito a diventare fotografo di eventi.
È attraverso la fotografia che riesco a esprimere il mio amore per la vita. Voglio riuscire a catturare con le immagini tutto quello che nella quotidianità ci appare poco importante. Fare capire, attraverso una foto, che sbagliamo quando lo giudichiamo tale.
Perché è proprio attraverso le cose meno importanti che possiamo scoprire il valore vero della vita.
Durante gli anni ho deciso di scrivere tre libri autobiografici, e in questi giorni ne sta nascendo un altro.
Ma accanto al racconto delle mie esperienze, questi libri cercano anche di trattare argomenti sociali. E attraverso il commento in versi delle mie foto cerco di animare la dimensione universale degli argomenti che tratto.
Ma il vero protagonista di questi libri è il mare.
Il mare è il mio elemento privilegiato, l’elemento sia delle mie foto sia della mia esperienza.
Da tempo, infatti, coltivo la passione per la navigazione, partecipando alle iniziative della Lega Navale di Palermo, dove si allenano anche i diversamente abili per trasformarli in atleti, coinvolgendoli in regate via via sempre più importanti.
Durante i miei impegni fotografici e da velista ho ricevuto la proposta di partecipare a un cortometraggio che racconta la mia vita: “1piùUno”.
Questa esperienza mi ha fatto scoprire il valore civile del cinema, la sua capacità di raccontare anche le esperienze marginali, facendole uscire dall’invisibilità.»
Perché hai voluto incominciare a scrivere la tua storia?
«L’ho fatto per testimoniare che un disabile non è in alcun modo un estraneo in questa società.
Anche quando questa società lo tratta come se lo fosse, un estraneo.
Ho voluto comunicare ai miei lettori che un disabile può essere un modello di comportamento anche per chi disabile non lo è.
E questo perché non vive in competizione con gli altri, ma soprattutto è concentrato a competere con sé stesso.
Come dovrebbero fare tutti per realizzare i propri sogni.»
Impegnato sul sociale con il Servizio Pastorale Disabili della Diocesi, raccontaci la tua esperienza.
«Il mio impegno con la Pastorale è utile ad alimentare la mia fede giorno dopo giorno.
E alimentare la mia fede significa donare il mio talento, piccolo o grande che sia, per farmi esempio e aiutare altre persone con fragilità simili alle mie.»
Tante testimonianze nelle scuole: che emozioni hai provato e quale risposta hai avuto?
«Grazie alle mostre fotografiche e alle presentazioni dei miei libri, che hanno ospitato anche esponenti delle istituzioni, mi hanno cominciato a chiedere di portare la mia testimonianza tra i banchi di scuola.
E io ogni volta accetto di buon grado il confronto con gli studenti.
Lo faccio superando la mia naturale timidezza e affrontando l’iniziale diffidenza di coloro che sono restii ad affrontare certi argomenti.
Ma poi vedo certe reazioni di giovani commossi e interessati ai miei racconti, e questo mi incoraggia a incoraggiare gli altri, a spronarli a dare il meglio di sé stessi, affrontando la realtà che può essere spietata anche con chi non è disabile.»
Alberto, quali progetti per il futuro?
«Mi sforzo d’immaginare per me un futuro positivo.
Devo pensare questo, e lo penso, per dare un senso forte a quello che faccio, per coltivare con sempre maggiore determinazione le mie passioni.
E condividere questa mia determinazione con il pubblico che ha la bontà di venire alle mie mostre e di leggere i miei libri.»
L’intervista si chiude così, con il sorriso di Alberto che illumina la serata e la promessa di rivederci presto. Magari alla presentazione del suo prossimo libro o in un’aula scolastica, dove la sua voce — e il suo sguardo dietro l’obiettivo — continuano a insegnare che la vita è sempre un capolavoro, basta imparare a metterla a fuoco.
Pasquale Di Maggio








































