È scaduto lo scorso 30 settembre il termine per l’adesione al Concordato Preventivo Biennale (seconda versione, riguardante il biennio 2025-2026). Il risultato, però, non è stato soddisfacente per il fisco: le adesioni sono state appena 55.000, molto meno delle attese e perfino inferiori rispetto alla prima edizione.
Tra le due edizioni complessivamente i contribuenti che hanno scelto di aderire sono circa 210.000 tra imprenditori, artisti e professionisti, un numero ben lontano dalle previsioni del governo, che puntava a superare quota 600.000 su una platea potenziale di circa 2 milioni. L’obiettivo primario — incrementare l’adesione spontanea e recuperare parte del gettito perso per evasione fiscale — non è stato quindi raggiunto.
Nonostante i tentativi di rendere più appetibile il concordato (con l’applicazione degli effetti premiali ISA, il decreto correttivo n. 81/2025 che ha introdotto un limite quantitativo alla proposta del fisco e una sorta di flat tax legata al punteggio ISA, oltre al “ravvedimento speciale” che ha consentito di chiudere le annualità 2019-2023), la risposta dei contribuenti è stata deludente.
Restano, inoltre, i rischi della non adesione. La legge 143/2024, di conversione del decreto-legge 113/2024, ha introdotto un trattamento sanzionatorio più severo per chi non aderisce o decade dal concordato. In questi casi, infatti, le soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie sono ridotte alla metà.
Le ragioni della scarsa adesione sembrano essere diverse. Molti contribuenti con punteggio ISA alto ritengono di non avere bisogno di ulteriori garanzie; altri temono di dover pagare imposte e contributi previdenziali su redditi che potrebbero non realizzarsi. C’è poi chi denuncia la frequenza delle “definizioni agevolate” (per alcuni veri e propri condoni), che penalizzerebbero i contribuenti onesti rispetto agli evasori; altri ancora sollevano dubbi di costituzionalità, in quanto la tassazione del concordato non sarebbe ancorata alla reale capacità contributiva, come previsto dall’articolo 53 della Costituzione.
In un contesto di pressione fiscale superiore al 60% e di obblighi complessi, non è semplice individuare lo strumento più adatto per incentivare la tax compliance. La speranza resta legata alla riforma fiscale in corso, che potrà produrre effetti positivi soltanto se saprà davvero garantire chiarezza e semplificazione, attese da troppo tempo dai contribuenti.
Salvatore Forastieri








































