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Ven, 07 Nov 2025
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Dossier sulla crisi penitenziaria in Sicilia

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Non solo Sicilia. L’analisi del sistema penitenziario italiano, aggiornata al 2025, rivela un quadro di crisi strutturale dove il sovraffollamento non è più definibile come un’emergenza, bensì come una costante endemica. Il Garante Nazionale delle persone private della libertà personale ha rilevato che l’indice di affollamento complessivo ha raggiunto un livello preoccupante, attestandosi al 134,29% a livello nazionale. Le strutture penitenziarie operano sistematicamente al di sopra della loro capacità regolamentare, generando precarietà nella vita quotidiana dei ristretti.

La Sicilia si inserisce pienamente in questo contesto di stress istituzionale. I dati aggiornati al 1° ottobre 2025 relativi ad alcuni dei principali istituti dell’isola documentano una tensione diffusa sulla capienza effettiva. La Casa Circondariale “Antonio Lorusso” (Pagliarelli) di Palermo ospitava in quella data 1331 detenuti a fronte di 1165 posti regolamentari. Questo si traduce in un indice di affollamento calcolato al 114,25%. Sebbene meno critica in termini di affollamento lordo, anche la Casa Circondariale “Ucciardone” di Palermo supera la soglia di capienza, registrando 572 detenuti per 569 posti regolamentari, con un indice del 100,53%.

Questa analisi quantitativa deve essere affiancata da una valutazione qualitativa della capacità ricettiva. In entrambi gli istituti palermitani esaminati, è stato rilevato un numero significativo di “posti non disponibili”: 68 al Lorusso e 61 all’Ucciardone. La presenza di oltre cento posti non utilizzabili in due soli istituti siciliani riflette carenze strutturali croniche, spesso dovute a inagibilità, lavori di manutenzione prolungati o sezioni permanentemente chiuse. Questa perdita di capacità operativa aggrava ulteriormente il livello di pressione sui posti effettivamente disponibili, riducendo di fatto lo spazio pro-capite ben oltre la misura indicata dal solo indice di affollamento regolamentare.

Fattori determinanti e necessità di deflazione strategica

L’incremento della popolazione detenuta è primariamente attribuibile agli ingressi in carcere in esecuzione di provvedimenti passati in giudicato. Questa dinamica impone una riflessione profonda sulla politica di esecuzione penale. Se l’incremento delle presenze deriva da sentenze definitive, significa che il sistema giudiziario non riesce a promuovere efficacemente le misure alternative alla detenzione, in particolare per le pene brevi, le quali potrebbero essere scontate al di fuori degli istituti.

In sostanza, il carcere sta operando non come extrema ratio, ma come unica risposta finale e massiva a provvedimenti giudiziari esecutivi. Il Garante Nazionale ha sottolineato che l’obiettivo di deflazione deve essere condiviso da tutti gli interlocutori istituzionali che intervengono nell’esecuzione penale. È cruciale il potenziamento del ricorso alle misure alternative, specialmente per quelle persone in carcere che vi si trovano per pene inflitte o residui di pena che, per natura e durata, potrebbero beneficiare di un percorso esterno. 

Il ritorno al modello a “celle chiuse” e la spirale negativa

Il dibattito sulle condizioni di detenzione evidenzia un preoccupante regresso rispetto ai principi stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza Torreggiani. Il sistema penitenziario, a seguito della Circolare di riorganizzazione del circuito di Media sicurezza del luglio 2022, ha superato il modello di “celle aperte” e sorveglianza dinamica. Oggi, la maggior parte della popolazione detenuta è ristretta in regime di celle chiuse, spesso con la differenziazione tra sezioni a trattamento intensificato e sezioni ordinarie.

Queste crescenti chiusure, abbinate al sovraffollamento e alle cattive condizioni logistiche, stanno trasformando gli istituti penitenziari in una “polveriera”. Le denunce delle associazioni per i diritti umani, come Antigone, mettono in luce un’emergenza penitenziaria caratterizzata da sovraffollamento, caldo insopportabile e sistematico calpestamento dei diritti.

L’impatto delle condizioni ambientali è particolarmente critico in Sicilia, specie durante i mesi più caldi. Vengono riportate temperature nelle celle che raggiungono i 37 gradi. L’accesso a strumenti di mitigazione, come i ventilatori, è limitato e spesso possibile solo tramite acquisto a pagamento, configurando una situazione di grave disagio che si aggiunge allo stress della detenzione. Queste condizioni estreme, unite al regime di isolamento parziale imposto dalle celle chiuse, non sono solo un inconveniente logistico, ma un fattore di rischio diretto per la salute mentale e fisica dei detenuti. L’impossibilità di trovare sollievo trasforma la pena in un trattamento disumano, alimentando le tensioni che possono sfociare in violenza interna o, più drammaticamente, in gesti autolesionistici e suicidi.

La crisi della giustizia minorile e l’impatto in Italia

La crisi si manifesta con particolare virulenza nel settore della giustizia minorile, un allarme che è stato portato anche all’attenzione delle Nazioni Unite da parte di Antigone e altre organizzazioni. L’entrata in vigore del c.d. Decreto Caivano ha avuto un impatto immediato e devastante, portando a un aumento del 50% della popolazione detenuta negli Istituti Penali per Minorenni (IPM) in meno di tre anni.

Le condizioni all’interno degli istituti minorili sono state descritte come degradanti. Oltre il 60% dei giovani detenuti è in attesa di giudizio, un dato che evidenzia un prolungato ricorso alla detenzione cautelare. Le principali criticità includono l’utilizzo allarmante di psicofarmaci, la permanenza dei giovani in cella per troppe ore al giorno e l’apertura di sezioni minorili all’interno di carceri per adulti. Nella sola prima metà del 2025, 91 minorenni sono stati trasferiti in istituti per adulti. Questa pratica, insieme all’uso di materassi a terra e alla mancanza di adeguate ore d’aria, contravviene ai principi di specializzazione e rieducazione stabiliti dalla normativa, trasformando il sistema minorile da educativo a meramente contenitivo.

La rapidità dell’aumento demografico, il 50%, in seguito a un atto normativo specifico dimostra che l’intervento legislativo punitivo ha destabilizzato l’intero settore, rendendo il carcere una risposta facile e immediata anche per i minori. L’eccessiva rigidità della risposta giudiziaria e legislativa non privilegia l’alternativa al carcere, aggravando la vulnerabilità di una popolazione che la Costituzione e gli standard internazionali dovrebbero proteggere.

Il dramma dei suicidi: indicatori di una crisi sanitaria e umanitaria

L’emergenza più acuta e straziante del sistema penitenziario nel 2025 è rappresentata dalla drammatica escalation dei suicidi. I dati nazionali di metà anno rivelano una crisi umanitaria senza precedenti. Tra il 1° gennaio e agosto 2025, l’Italia ha registrato oltre 50 suicidi totali tra i detenuti. L’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI), aggiornando i dati al 15 agosto 2025, ha confermato 55 casi.

La Sicilia non è rimasta immune da questa ondata di disperazione. L’allarme è stato amplificato da almeno un suicidio avvenuto nel carcere di Catania, a riprova che l’emergenza è pienamente operativa anche a livello regionale.

Il legame causale tra le condizioni di detenzione e l’epidemia di suicidi è inequivocabile. Il dossier di Antigone sui suicidi nei primi mesi del 2025 evidenzia che l’aumento dei decessi è direttamente collegato al regresso verso il regime a celle chiuse. Queste chiusure, riducendo la sorveglianza dinamica e l’interazione umana, si combinano con il sovraffollamento e le pessime condizioni strutturali, esponendo i detenuti a un isolamento forzato che acuisce il rischio psichico. In questo contesto, il gesto estremo non può essere liquidato come un dramma unicamente individuale, ma deve essere letto come una conseguenza sistemica di una negligenza strutturale dello Stato.

Lo stress operativo e la vulnerabilità della polizia penitenziaria

Se l’attenzione è giustamente focalizzata sul dramma dei detenuti, è fondamentale analizzare anche la condizione della Polizia Penitenziaria. Sebbene non siano disponibili dati specifici aggregati sui suicidi tra il personale di Polizia Penitenziaria in Sicilia per il periodo Gennaio-Ottobre 2025 nel materiale di riferimento, l’ambiente di lavoro in Sicilia è caratterizzato da estrema pressione e disagio, fattori noti per contribuire al burnout e al rischio autolesionistico.

La Polizia Penitenziaria in Sicilia opera in un contesto di evidente sotto-organico e vulnerabilità, come dimostrato dai continui appelli urgenti per il reclutamento, vedi l’Interpello Nazionale relativo al 2025, e dalle richieste di assegnazione di Funzionari Comandanti. A questo stress fisico e operativo si aggiunge un grave deterioramento del morale e dell’integrità istituzionale dovuto a fenomeni interni. Le indagini condotte a Palermo Pagliarelli, che hanno portato a 12 arresti tra agenti e detenuti per corruzione e traffico illecito, illustrano un ambiente in cui gli agenti più onesti sono esposti a un rischio morale e fisico elevatissimo.

La crisi dei detenuti e quella degli agenti sono interconnesse. Un agente onesto, costretto a operare in un contesto di corruzione diffusa e carenza cronica di risorse, subisce un carico psicologico insostenibile. La mancanza di supporto istituzionale e la necessità di gestire istituti compromessi sono precursori riconosciuti di disagi psicologici che possono sfociare in tragedia.

Corruzione, traffico illecito e fallimento del controllo

La sicurezza interna e l’integrità operativa degli istituti siciliani sono state gravemente compromesse, come testimoniato dall’indagine estesa condotta tra settembre 2023 e aprile 2025 presso il carcere di Palermo Pagliarelli. L’indagine ha disvelato l’esistenza di un’associazione criminale composta da detenuti che corrompevano agenti della Polizia Penitenziaria per facilitare l’ingresso di sostanze stupefacenti e apparati telefonici.

I sequestri operati nel corso delle investigazioni, 56 micro cellulari, 25 smartphone, 20 SIM card e oltre 1 kg di sostanze stupefacenti tra cocaina, crack, hashish e marijuana, dimostrano la profondità dell’infiltrazione criminale. Questa situazione non rappresenta unicamente un problema di sicurezza esterna, ma un fattore criminogeno interno che distorce la vita detentiva, creando gerarchie di potere parallele. L’associazione criminale utilizzava i detenuti più vulnerabili e privi di appoggi come veicoli per gli illeciti, spesso anche contro la loro volontà.

Questa reciproca criminogena è l’antitesi degli obiettivi costituzionali della pena. Dove l’autorità istituzionale fallisce a causa di carenze strutturali di organico, subentra l’autorità criminale. La presenza incontrollata di droga e cellulari alimenta inevitabilmente violenza e tensioni, contribuendo direttamente al clima di disperazione che porta all’autodistruzione e al fallimento del percorso rieducativo.

L’emergenza sanitaria e psichiatrica

Il sovraffollamento e l’alta incidenza di disagio psichico, specialmente nel settore minorile, evidenziato dall’uso crescente di psicofarmaci, indicano che il sistema sanitario penitenziario in Sicilia è sottoposto a una pressione estrema. La gestione delle patologie mentali, della tossicodipendenza e del trauma legato alla detenzione in condizioni degradanti richiede risorse umane e strutturali che spesso non sono disponibili.

Inoltre, in un clima di tensione esacerbata da carenze di organico e stress operativo, aumenta il rischio di violenza istituzionale. Le denunce di maltrattamenti, torture e isolamento prolungato in altri istituti italiani, pur non riferendosi direttamente alla Sicilia, fungono da monito sul rischio sistemico di violazione dei diritti quando l’ambiente carcerario diventa una “polveriera”. L’assistenza sanitaria e psichiatrica è, quindi, la chiave di volta per disinnescare la crisi dei suicidi.

Progetti di reinserimento e finanziamenti PRAP Sicilia

Il Ministero della Giustizia ha riconosciuto l’importanza di investire nel recupero e nel reinserimento, stanziando un finanziamento complessivo significativo per la Sicilia, menzionato in una cifra di oltre 16 milioni di euro dal Ministro Nordio.

A livello operativo, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria (PRAP) per la Sicilia ha avviato la selezione di enti pubblici e soggetti privati per progetti mirati, aggiornati a marzo 2025. Gli ambiti prioritari di intervento riflettono le maggiori criticità emerse come il recupero e reinserimento attraverso percorsi di inclusione lavorativa e formativa; l’assistenza sanitaria e psichiatrica, in collaborazione con la Regione; il recupero di tossicodipendenti e assuntori abituali di sostanze stupefacenti o alcoliche e l’integrazione degli stranieri sottoposti a esecuzione penale, con particolare attenzione alla cura e assistenza sanitaria.

I fondi specifici stanziati per la selezione di queste progettualità ammontano a €490.435,36. Tuttavia, un aspetto critico è la tempistica: le attività dovevano iniziare entro il 7 giugno 2025 e concludersi tassativamente entro il 5 dicembre 2025, in quanto il finanziamento non è prorogabile per l’anno 2026. Se da un lato l’inclusione esplicita dell’assistenza sanitaria e psichiatrica nei progetti finanziati è una tacita ammissione della gravità della crisi di salute mentale, direttamente collegata all’epidemia di suicidi, dall’altro, la natura a breve termine e la limitata portata finanziaria, poco meno di mezzo milione di euro per l’intera selezione, suggeriscono che questi interventi rappresentino più una soluzione tampone che una riforma strutturale di lunga durata.

L’efficacia delle misure alternative

L’elemento chiave per la deflazione e per la riforma del sistema risiede nell’espansione dell’esecuzione penale esterna. I dati dimostrano chiaramente l’efficacia rieducativa delle misure alternative al carcere: la recidiva per i soggetti che ne usufruiscono è inferiore all’1%, in netto contrasto con l’allarmante tasso di recidiva del 70% riscontrato per chi sconta l’intera pena in regime detentivo.

Questi dati scientifici confermano la linea strategica suggerita dal Garante Nazionale, ovvero la necessità di potenziare l’accesso alle misure alternative, non solo per ridurre il sovraffollamento, ma per garantire che la pena persegua effettivamente il suo fine rieducativo, come previsto dalla Costituzione.

Sintesi critica delle evidenze

L’analisi della situazione carceraria in Sicilia da gennaio a ottobre 2025 rivela un sistema sottoposto a una triplice crisi: strutturale, umanitaria e operativa. Il sovraffollamento cronico, con indici che superano il 114% in istituti chiave come il Lorusso, aggravato dalla presenza di centinaia di posti non disponibili, è il catalizzatore di condizioni di detenzione degradanti, compreso un caldo insopportabile.

Il dramma più evidente è l’alto numero di suicidi a livello nazionale, un’emergenza direttamente correlata al regresso trattamentale verso un modello a celle chiuse. Parallelamente, la Polizia Penitenziaria è prigioniera di un contesto operativo logorante, segnato da carenze di organico e scandali di corruzione, che minano l’autorità istituzionale e accrescono il rischio psicosociale per il personale onesto.

La crisi è sistemica. Si assiste a una tendenza legislativa e operativa punitivaì, evidente nel settore minorile post-Caivano, che, anziché risolvere, aggrava le condizioni interne e rende il carcere meno sicuro e meno rieducativo.

In considerazione della gravità della situazione e della correlazione tra condizioni materiali e crisi suicidiaria, si rendono necessarie azioni immediate e riforme strutturali orientate alla deflazione e al rispetto dei diritti fondamentali.

Deflazione carceraria e potenziamento delle misure alternative

Deve essere attuato un ricorso urgente e strategico alle misure alternative alla detenzione. I dati sulla bassa recidiva (<1%) per coloro che beneficiano di queste misure ne dimostrano l’efficacia non solo come strumento di deflazione, ma come pilastro fondamentale per la sicurezza sociale. La priorità deve essere data alle persone che scontano pene definitive o residui di pena brevi.

Interventi strutturali e dignità ambientale

È indispensabile l’allocazione immediata di risorse per rendere i posti “non disponibili” nuovamente agibili e per mitigare le condizioni climatiche estreme. Garantire condizioni di vita dignitose, inclusa la possibilità di contrastare il caldo insopportabile, non è un lusso, ma un requisito costituzionale per impedire che la detenzione si trasformi in trattamento disumano.

Priorità all’assistenza sanitaria e psichiatrica

Il sistema sanitario penitenziario deve essere immediatamente potenziato, garantendo la continuità e la qualità dell’assistenza psichiatrica e del recupero dalle dipendenze, come riconosciuto negli obiettivi dei progetti PRAP 2025. Un aumento dei servizi psicologici è vitale sia per i detenuti, al fine di intercettare precocemente il disagio e prevenire ulteriori suicidi, sia per gli agenti, per gestire lo stress operativo cronico e l’esposizione al trauma.

Integrità e sicurezza operativa

Per affrontare fenomeni come quello riscontrato a Pagliarelli, è necessaria un’azione coordinata per combattere la corruzione interna. Contestualmente, si deve procedere a un piano di reclutamento straordinario e alla stabilizzazione degli organici della Polizia Penitenziaria in Sicilia, garantendo una leadership adeguata per ristabilire l’autorità istituzionale e la sicurezza interna, elementi essenziali per qualsiasi percorso rieducativo.

Roberto Greco

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