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Mer, 12 Nov 2025
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Nel 2100 l’erosione delle spiagge farà scomparire le nostre città

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L’Italia è sempre più esposta agli effetti dei cambiamenti climatici e l’erosione delle coste permetterà al mare di sommergere diverse città italiane.

È questo quanto emerge dal nuovo rapporto “Paesaggi sommersi” della Società Geografica Italiana (Sgi) – presentato a Palazzetto Mattei a Roma – scatta delle istantanee delle mappe dei territori costieri italiani così come saranno trasformati dalla crisi climatica.

Il destino sembra segnato. Il mare sommergerà alcune delle sue coste in una settantina d’anni e, al 2100, potrebbero finire sott’acqua Venezia e Cagliari. E, si legge sul rapporto, l’Italia rischia di “perdere circa il 20% e il 45% delle proprie spiagge al 2050 e al 2100, con punte più elevate in Sardegna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Campania.

Le cause? Innalzamento dei mari, rischi di inondazioni temporanee o permanenti, erosione, pressione demografica e urbanistica. Perché, come si legge sul rapporto, la fascia costiera “non è solo la zona in Italia con la maggior percentuale di suolo artificiale e urbanizzato, ma è anche un’area dove il consumo di suolo prosegue incessante. Questo nonostante diverse norme e politiche abbiano tentato di impedire nuove costruzioni nelle zone limitrofe alle coste. Norme quasi interamente inapplicate non solo per via dell’abusivismo, ma anche per il ruolo preponderante del turismo”. Tra gli scenari più probabili, quello che prevede, nel 2100, che saranno diverse le aree sotto il livello del mare. I territori più a rischio sono l’alto Adriatico, la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della costa tirrenica tra la Toscana e la Campania, le aree di Cagliari e Oristano. Son o però anche a rischio almeno la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti, più del 10% delle superfici agricole, buona parte delle paludi, delle lagune e delle zone costiere cosiddette anfibie, a cominciare dal delta del Po e dalla laguna di Venezia.

La crisi climatica, viene evidenziato nel rapporto, avrà “un impatto enorme sulle aree agricole costiere con un’accelerazione dei processi di salinizzazione che imporranno pesanti strategie di adattamento e sui litorali urbanizzati” e che sulla base delle stime inedite sono circa “800mila le persone che vivono in territori sotto il livello del mare atteso, (ossia il livello previsto al 2100, ndr) e che rischiano processi di ricollocazione, o che dovranno essere protetti da difese costiere artificiali sempre più pervasive”.

I dato consegnati dal rapporto di Sgi presentano un quadro complesso. Quasi un quarto del territorio entro i 300 metri dalla costa è coperto da strutture artificiali. Con picchi allarmanti in Liguria (47%) e nelle Marche (45%). Complice l’accelerazione dell’erosione costiera anche per via delle barriere artificiali che proteggono ormai più di un quarto delle coste basse e la salinizzazione dei terreni agricoli che, per esempio, nell’estate del 2023 ha portato il cuneo salino a risalire il Delta del Po per oltre 20 chilometri. Inoltre porti e infrastrutture connesse, che si estendono per 2.250 km, rischiano di essere “pesantemente compromesse, con gravi effetti sulla qualità dei sistemi logistici”.

Sembrano non avere dubbi Stefano Soriani dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Filippo Celata dell’Università di Roma Sapienza. Secondo la loro analisi la fascia costiera è stata trasformata “in una linea di costa fragile”, e il rischio non riguarda soltanto “la perdita di spiagge o l’inondazione dei litorali di costa bassa, urbanizzati o meno, ma una sempre più pervasiva artificializzazione con profonde implicazioni paesaggistiche e di aggravamento della vulnerabilità. L’unica alternativa è fare il contrario di quanto fatto fin qui: rinaturalizzare i litorali per sfruttare la loro capacità di adattamento”.

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