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Mer, 12 Nov 2025
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Giovanni Ciprì: il Torball, gli scudetti e quei marciapiedi impercorribili

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La storia di Giovanni Ciprì non è solo un racconto di sport e vittorie ma un inno alla resilienza e all’amore per la vita.

Giovanni è un uomo capace di vedere oltre la nebbia, di percepire la luce dove altri vedono solo buio. Quella che leggerete è parte della storia di un uomo che, di fronte a una condanna alla cecità chiamata “retinite pigmentosa”, non si è piegato ma ha aperto le braccia al mondo, accogliendo una passione che lo ha elevato al rango di campione.

Dal mezzofondo al Torball

Il primo amore di Giovanni è la corsa, il mezzofondo, disciplina in cui la resistenza non può essere solo fisica ma anche interiore. Con la maglia dell’associazione sportiva Aspricus, Giovanni scopre ben presto il brivido della competizione. Vince qualche medaglia d’argento e di bronzo: nessun oro.

Ma la vera vittoria è la scoperta di sé stesso, della sua forza d’animo che lo spinge a superare ogni limite. Le corse al tramonto allo Stadio delle Palme, i chilometri macinati grazie alla forza di un’energia inesauribile, rappresentano la sua prima ribellione contro il destino, la sua prima dichiarazione d’amore alla libertà.

Poi, un giorno, il destino bussa quasi per caso sotto forma di una proposta inaspettata: un’occasione chiamata Torball. Giovanni, inizialmente in panchina come “ultima ratio”, chiede di scendere in campo nell’ultimo match e segna cinque gol. È subito colpo di fulmine. Il Torball diventa la sua nuova casa, il luogo in cui la sua energia trova una direzione e un modo per superare i limiti della sua condizione.

Una carriera fatta di trionfi

Abbandonata l’atletica, Giovanni si dedica anima e corpo al Torball, firmando nel 1994 per il Palermo. Dopo dieci stagioni passa al Teramo, vincendo quattro scudetti e svariate coppe. Con la Nazionale disputa i mondiali in Argentina nel 2004.

La vetta più alta arriva con il Trento: tre scudetti nei primi tre anni e la vittoria della Coppa del Mondo per Club a Innsbruck nel 2014, contro i “giganti” tedeschi. Poi il ritorno in Sicilia con l’Augusta, portata al suo primo scudetto, dove gioca ancora oggi.

Parallelamente, Giovanni diventa Delegato Regionale Fispes e Vice Presidente regionale del CIP, diventando un punto di riferimento anche fuori dal campo.

Oltre lo sport: la vita

La vita, però, non è fatta solo di sport. Giovanni affronta momenti difficili, separazioni e il dolore di non sentirsi sempre compreso. Il bastone, un tempo motivo di vergogna, diventa il suo alleato, un simbolo di libertà e di autonomia.

Le barriere architettoniche non lo aiutano, i marciapiedi20 sono impercorribili e Giovanni è costretto a muoversi a bordo strada, spesso tra l’indifferenza.

Ma lo sport gli fa da serbatoio di autostima, lo aiuta ad accettare la sua condizione, a confrontarsi con gli altri e a imparare ogni giorno qualcosa di nuovo. Le sue trasferte non sono solo competizioni, ma viaggi alla scoperta di mondi e culture diverse, occasioni per condividere specialità culinarie con amici di tutta Europa.

Il messaggio di Giovanni

Con la sua storia Giovanni ci insegna che non sono le barriere fisiche a definire chi siamo: le vere barriere sono quelle tra mente e cuore. “Nulla è impossibile” è il suo mantra.

La sua è la testimonianza di un uomo che ha saputo trasformare l’ombra in luce, dimostrando che non è fondamentale guardare con gli occhi se si riesce a farlo con l’anima.

Ivan Trigona

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