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Mer, 12 Nov 2025
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Maria Teresa, insegnante non vedente: “La mia forza è stata non arrendermi mai”

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Maria Teresa è un insegnante. Non vedente dalla nascita, a causa di una patologia congenita, il glaucoma vive del catanese. Nella vita ha superato tante difficoltà, le abbiamo fatto alcune domande.

Sei nata non vedente, come hai dovuto affrontare la vita?
Maria Teresa
Maria Teresa

«Oggi posso dire di avere affrontato con serenità questa condizione, anche se non sono mancati e non mancano i problemi quotidiani da affrontare e da superare. I miei genitori infatti mi hanno aiutato a non pensare alla situazione di cecità, stimolandomi sempre a svolgere e a compiere tutte quelle attività che mi hanno supportata ad essere sempre più autonoma e indipendente. Durante la mia infanzia ho frequentato la scuola materna, giocavo sempre con gli altri bambini, facendo dei giochi all’aperto, come si usava nel passato: a nascondino, giro girotondo, o che bel castello ed altri, andavo in bicicletta a fianco a qualche bambino o bambina. Non mi sentivo diversa, anche perché i miei genitori mi hanno trasmesso quel sentimento di uguaglianza e di appartenenza che fondamentale per acquisire sicurezza della personalità e nella sfera socio affettiva. Successivamente ho cominciato a frequentare la scuola elementare presso un Istituto specializzato per non vedenti. Lì ho appreso il metodo braille

Sono cambiate in meglio le cose?

«No, proprio in quel contesto sono iniziati i problemi. Sono diventata triste e non mi sentivo a mio agio. Nell’istituto vi erano solo bambini e ragazzi non vedenti e io non ero abituata a vivere in questo conteso e non riuscivo ad integrarmi. Piangevo sempre, volevo tornarmene a casa.»

Quando è mutata la situazione?

«Quando, grazie alla mia forza di volontà, sono riuscita a superare tutto. Ho frequentato le scuole medie e il liceo nelle strutture pubbliche. In quell’ambiente mi sono trovata benissimo, in particolar modo al liceo. Ero ben integrata con i miei compagni, uscivamo e studiavamo insieme e partecipavo a tutte le gite che si svolgevano durante l’anno scolastico.  Conseguita la maturità classica, mi sono iscritta all’università alla facoltà di filosofia, dove mi sono laureata. Ora svolgo la professione di insegnante in un liceo scientifico.»

Come sei riuscita a vincere la tua disabilità?

Maria Teresa nel coro«Ho cominciato ad insegnare italiano e storia negli istituti tecnici. Inizialmente facendo delle supplenze, cambiando sempre istituti. Ogni volta dovevo partire da zero, cioè dovevo far conoscere la realtà oggettiva cercando di comportarmi sempre con sicurezza. Mi sono dovuta adeguare alle diverse situazioni, ai diversi contesti scolastici. All’inizio, ho dovuto affrontare e superare alcuni problemi, ma non con i ragazzi, con gli adulti. Con gli allievi il rapporto è stato sempre naturale e spontaneo. A volte cercano di fare dei sotterfugi, ma quello lo fanno con tutti i professori. Nel liceo liceo scientifico in cui insegno mi trovo molto bene. Naturalmente nel tempo ho acquisito tanta esperienza e questo mi ha dato forza e sicurezza nei rapporti con gli altri e ad avere più padronanza nell’affrontare le diverse circostanze.»

Questa società viene incontro a chi ha disabilità? Cosa dovrebbe fare?

«La società odierna fa ben poco per inserire ed integrare le persone con disabilità, anche se vi sono alcune norme legislative che tutelano i diritti le persone diversamente abili. Nella società odierna spesso predomina l’inciviltà, l’egoismo, l’incomprensione e la prepotenza da parte di molta gente.»

A cosa ti riferisci?

«Ad alcuni diritti, ai servizi, come ad esempio i parcheggi riservati alle persone con disabilità, che spesso vengono occupati da chi non ne ha diritto, i posti a sedere sui mezzi di trasporto, per non parlare delle barriere architettoniche ancora presenti in molte scuole e strutture pubbliche. A mio parere dovrebbe cambiare la mentalità, la cultura e la formazione da parte delle istituzioni, affinché la disabilità non sia un problema che riguardi solo ed esclusivamente il singolo individuo, ma di un’intera collettività.»

Riccardo Rossi

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