Marina Pupella giornalista e insegnante palermitana, è una cercatrice di Verità. Le abbiamo fatto alcune domande.
Tu hai scelto di essere una giornalista e vai spesso all’estero a tue spese per fare dei servizi perché?
“Sin da ragazza avevo una grande curiosità, amavo la ricerca e desideravo andare a fondo nelle cose. Non mi bastavano le semplici risposte: desideravo arrivare da sola a capire i perché e i come degli eventi. Se a questo aggiungi l’amore per la verità, qualunque essa sia, allora diventare giornalista è stata la mia scelta naturale, parafrasando quel che mi disse una volta il mio professore di letteratura inglese all’Università di Palermo.

Vado spesso all’estero, a mie spese, perché credo che per comprendere davvero una crisi o un conflitto sia fondamentale essere sul posto, parlare con i testimoni e osservare direttamente le dinamiche e le persone coinvolte. Solo così posso riportare la realtà in modo accurato, imparziale e umano, dando voce a chi non ce l’ha, arrivando persino a condividerne il dolore.
Ho dormito nei campi profughi in Libano per capire i disagi di centinaia di migliaia di sfollati, che vivono in quel limbo anche per anni, fino alla morte. Il giornalismo, per me, è diventato uno strumento per far conoscere verità importanti, popoli demonizzati per creare consapevolezza, anche se questo richiede sacrifici personali.
Andare in zone di guerra oggi sembra quasi una normalità, ma ricordo ancora la paura della prima volta. Prima di partire per un’area di guerriglia tra il Pkk e il governo turco, incontrai per caso, nella Cattedrale di Palermo, fratel Biagio Conte. Gli confidai che sarei partita da sola in un teatro di crisi e gli espressi le mie preoccupazioni. Lui, con i suoi occhi sempre sorridenti, mi disse: ‘Sorellina, non sei sola, avrai con te il migliore compagno che un uomo possa desiderare‘. Quelle parole mi hanno portato fortuna e accompagnato fino a oggi”.
In che direzione cammina il giornalismo attuale?
“Non è messo molto bene, fra fake news, AI e notizie che vengono date in fretta e talvolta senza verificare fonti e fatti. Il settore sta affrontando sfide significative: calo delle vendite, diminuzione dei lettori e perdita di fiducia nei confronti dei giornalisti. In questo contesto, la credibilità e l’indipendenza dei reporter diventano fondamentali. Il nostro compito non è solo raccogliere le informazioni, ma essere una bussola affidabile per i cittadini, orientandoli nella complessità degli eventi e guidandoli verso la verità o le verità….”
Tu sei anche insegnante, come coniughi queste tue vocazioni?
“Giornalismo e insegnamento per me vanno di pari passo. Racconto agli studenti le mie esperienze sul campo, molto filtrate ovviamente, per far capire il valore della pace e quanto le guerre ci insegnino ad apprezzare le piccole cose. Così posso mostrare loro quanto siano fortunati ad avere una scuola, dei banchi, dei compagni e tutto ciò che spesso diamo per scontato”.
Famiglia, affetti, come curi queste tematiche?
“Non sono sposata e non ho figli, quindi già questo mi alleggerisce dalle responsabilità. Ma mi sono sempre presa cura di mia madre, che era molto malata: è stata la persona che più di tutti ha creduto in me e mi ha dato la forza di affrontare ogni sfida. Le devo il coraggio, la resilienza e la sensibilità verso gli ultimi, gli invisibili… sono doni che mi ha lasciato in eredità. Poi ci sono i miei fratelli, Vittorio soprattutto, mi accompagna, mi viene a riprendere in aeroporto con i suoi immancabili litri di disinfettante! Sta in ansia fino a quando non rientro in Italia”.
Riccardo Rossi







































