L’ordinanza n. 16795/2024 stabilisce che l’autorizzazione preventiva non basta: serve un atto specifico dopo l’opposizione del segreto professionale
Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione rilevante riguardante il segreto professionale eccepito da un avvocato nel corso di un accesso eseguito da militari della Guardia di Finanza presso il suo studio, nell’ambito di una verifica fiscale relativa alla sua attività professionale.
Con l’ordinanza n. 16795, pubblicata lo scorso 23 giugno, i giudici della Suprema Corte hanno fatto chiarezza su un tema particolarmente delicato: i controlli fiscali quando il soggetto verificato è un professionista che oppone il segreto professionale.
Nel caso in esame, i verificatori, prima di accedere allo studio legale, si erano muniti non solo della lettera d’incarico rilasciata dal loro Comandante, ma anche di un’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, ritenendo che ciò fosse sufficiente a superare eventuali problemi legati al segreto professionale cui è tenuto l’avvocato.
Come precisano i giudici della Cassazione: “L’autorizzazione rilasciata dal P.M. all’accesso presso lo studio dell’avv. A.A. era già munita di deroga preventiva al segreto professionale, sicché, una volta apposto quest’ultimo da parte del professionista sottoposto a ispezione, nessun altro adempimento andava effettuato da parte dei militari per poter procedere oltre.”
Tuttavia, nel corso del controllo, i militari rinvennero un block notes contenente nomi di clienti e compensi corrisposti. Ritenendo quei fogli una “contabilità parallela”, procedettero alla loro acquisizione, convinti che l’autorizzazione preventiva del PM giustificasse l’esame di tali documenti.
L’avvocato, però, eccepì il segreto professionale, sostenendo che l’autorizzazione fosse illegittima, in quanto generica, anonima e rilasciata prima dell’opposizione del segreto, in violazione dell’articolo 52, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972.
Sia in primo che in secondo grado, i giudici di merito avevano ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione finanziaria, confermando l’accertamento.
La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso del professionista. Rilevata l’opposizione formale del segreto professionale durante l’accesso, la Corte ha stabilito che i verificatori non avrebbero dovuto esaminare la documentazione in mancanza di una specifica autorizzazione “ad hoc”.
Secondo i Supremi Giudici, infatti, l’autorizzazione del PM diventa necessaria solo dopo l’opposizione del segreto e deve riferirsi esclusivamente ai documenti per i quali tale esigenza si manifesta.
Non può quindi ritenersi sufficiente un’autorizzazione preventiva e generica, come quella rilasciata nel caso di specie.
La sentenza di secondo grado è stata cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di giudizio.
Il quadro normativo di riferimento
A completamento del tema, va ricordato che l’articolo 200 del Codice di Procedura Penale stabilisce, al primo comma, che: “Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria:
a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano;
b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale.”
Inoltre, l’articolo 622 del Codice Penale, al primo comma, prevede che: “Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire trecento a cinquemila.”
Salvatore Forastieri








































