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Ven, 07 Nov 2025
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Aeroporto Trapani-Birgi: oltre agli F-35 decollano i collegamenti con Ryanair

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Il 37° Stormo di Trapani-Birgi ospiterà il secondo centro globale di addestramento per i caccia F-35, gemello della Luke Air Force Base in Arizona. Opportunità di sviluppo e posti di lavoro da un lato, timori di ritorno alla militarizzazione e ripercussioni sul turismo dall’altro.

Dopo decenni in cui il 37° Stormo di Trapani-Birgi ha ospitato prima gli F-104, poi gli F-16 e attualmente gli Eurofighter Typhoon, lo scalo militare diventerà la sede del secondo polo globale di addestramento per i caccia F-35, gemello della Luke Air Force Base in Arizona.

F 35Attualmente lo Stormo è pienamente inquadrato nella struttura di sorveglianza e difesa dello spazio aereo nazionale, 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, tramite sistemi integrati con quelli degli altri Paesi NATO. Garantisce inoltre tutti i servizi di assistenza al volo, sia per il traffico militare che civile che transita dal “Vincenzo Florio”; sostiene le attività di Protezione Civile, ospitando costantemente un Centro SAR (Ricerca e Soccorso) e, nel periodo estivo, il rischieramento di Canadair per il contrasto agli incendi boschivi; supporta programmi dell’industria aerospaziale italiana.

Dal 30 luglio 2024 quattro cacciabombardieri Eurofighter Typhoon in dotazione all’Aeronautica Militare Italiana sono stati trasferiti nella base aerea lituana di Siauliai nell’ambito della missione internazionale NATO Baltic Air Policing di sorveglianza aerea dello scacchiere nord-orientale in funzione di “contenimento” anti-Russia.

Gli Eurofighter del 37° Stormo sono inseriti nel servizio d’allarme nazionale che, in pochi minuti, assicura in qualsiasi condizione meteorologica il decollo dei caccia per intercettare e identificare qualunque traccia aerea sospetta, nonché per dare assistenza a velivoli in difficoltà o emergenza.

F 35 2Il 37° Stormo, sede del secondo polo globale di addestramento per i caccia F-35, riporta la Sicilia occidentale al centro di scenari militari internazionali, aprendo un dibattito acceso: tra chi intravede nuove opportunità di sviluppo e chi teme un ritorno alla militarizzazione, con gravi ripercussioni sul turismo e sull’immagine del territorio.

Nella base è previsto il raddoppio del personale, passando dagli attuali 2.000 a circa 4.000 tra militari, tecnici e addetti ai servizi: una vera e propria cittadella internazionale.

L’Italia, con il centro di addestramento per F-35, si conferma partner chiave nel programma JSF (Joint Strike Fighter) aggiudicandosi questa importante sede addestrativa unica a livello globale (al di fuori degli USA). L’istituzione del centro si basa sul modello IFTS (International Flight Training School) di Decimomannu (Cagliari) e posiziona l’Italia al centro dell’iniziativa globale F-35.

La decisione statunitense di affidare all’Italia l’unica struttura addestrativa per l’F-35 al di fuori dei propri confini certifica il livello di impegno del nostro Paese nel programma JSF, ma anche il livello di qualità e sicurezza raggiunto dalla stretta sinergia tra l’Aeronautica Militare e l’industria nazionale.

«Questa scelta rappresenta molto più di un investimento in difesa: è un’opportunità concreta per la Sicilia. Significa centinaia di posti di lavoro tra personale civile e militare, nuove possibilità per le imprese locali e la presenza di grandi realtà industriali come Leonardo e Lockheed Martin. Credo fortemente che la nostra Isola possa diventare un punto di riferimento nel Mediterraneo, coniugando industria della difesa, portualità e infrastrutture. È un’occasione storica di crescita e di sviluppo che dobbiamo saper cogliere», ha dichiarato Nino Minardo, presidente della Commissione Difesa della Camera.

«L’investimento previsto dovrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni di euro. Una parte dei fondi sarà destinata esclusivamente alle infrastrutture della base, a sistemi avionici, a simulatori di volo. Ma ci saranno inevitabili ricadute anche sul settore civile: al rifacimento della pista, che risale a 44 anni, uno degli interventi più attesi. I lavori comporteranno la chiusura dello scalo – ma solo in bassa stagione e per il tempo strettamente necessario. L’Aeronautica Militare qui a Birgi fa un’operazione di presidio. Voglio sottolineare una cosa ben precisa: sui cieli dello scalo trapanese non ci saranno mai esercitazioni con gli F-35, come non ve ne sono oggi con gli Eurofighter e non ce ne sono stati prima con gli F-16 e gli F-104», ha spiegato Salvatore Ombra, presidente di Airgest.

La scelta di Birgi è ricaduta sul fatto che, a differenza di Sigonella, può contare sulla presenza di un aeroporto civile internazionale, considerato un valore aggiunto per agevolare gli spostamenti del personale e delle famiglie.

«Siamo molto preoccupati per il nostro territorio. Ci siamo battuti con grande impegno per far conoscere Trapani, la provincia e la Sicilia occidentale come destinazione turistica di qualità ed eccellenza cercando di superare l’immagine legata soltanto alla presenza degli aerei militari e dei suoi piloti. Adesso ci sembra di cadere in un incubo. Avvisaglie di un ritorno alla militarizzazione c’erano già state quando la Difesa ha messo il veto su alcune aree vicino Trapani. Non dimentichiamo che durante la guerra in Libia l’aeroporto venne sottratto ai passeggeri civili. Il timore è che gli sforzi degli ultimi anni vengano vanificati e che la provincia torni a essere percepita come una zona militare», dichiara Rosalia D’Alì, Assessore alla Cultura del comune di Trapani e presidente del Distretto Turistico della Sicilia Occidentale.

Le preoccupazioni non arrivano soltanto dal mondo delle istituzioni e del turismo, ma anche dalla società civile e dai movimenti pacifisti.

«Non accettiamo che si facciano gli interessi delle multinazionali delle armi. Non accettiamo che il nostro territorio venga trasformato in un avamposto di guerra», dichiara il Movimento Europa Verde, che annuncia interrogazioni parlamentari per chiedere valutazioni preventive sugli effetti del progetto su ambiente, salute, paesaggio ed economia locale.

Per il sindaco di Trapani, Tranchida, «il polo di addestramento se da un lato porta investimenti e promesse di crescita economica, dall’altro rischia di sacrificare lo sviluppo culturale e sociale, compromettendo lo sviluppo turistico del nostro territorio che passa dall’aeroporto di Birgi, dove il traffico aereo civile sarebbe inevitabilmente modificato e condizionato».

La convivenza tra traffico civile e militare resta un nodo aperto. Intanto Ryanair annuncia la riapertura della base di Birgi a partire da gennaio 2026, con l’obiettivo di riportare a Birgi circa 1,5 milioni di passeggeri l’anno, numeri che ridarebbero fiato a un territorio che vive di turismo.

Fabio Gigante

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