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Mer, 12 Nov 2025
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Al Jolly il “Processo ad Azucena” e la realtà dura delle carceri (VIDEO)

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Ieri, a Palermo, il Teatro Jolly ha ospitato il “Processo ad Azucena”. Non un semplice spettacolo, ma un’occasione per fermarsi a pensare su cosa significhino giustizia e pena. A portarlo in scena è stata AsVoPe, l’Associazione di Volontariato Penitenziario che ha festeggiato, in questa occasione, i 25 anni di attività all’interno degli istituti penitenziari Pagliarelli e Ucciardone a Palermo. L’iniziativa si inseriva nel calendario di Palermo Capitale Italiana del Volontariato 2025 ed è stata organizzata in collaborazione con il CeSVoP.

da sx: Calabrò, Petrillo e De Stefano

La tragedia di Azucena

Dopo i saluti introduttivi di Bruno Di Stefano, presidente di AsVoPe, Giuditta Petrillo, presidente di CeSVoP e Mimma Calabrò, Assessore alle Attività sociali del Comune di Palermo, il cuore della serata è stato il personaggio di Azucena, che Verdi prese in prestito dal dramma El trovador di García Gutiérrez. È una donna segnata dal dolore e dal tormento: madre affettuosa e figlia vendicatrice, pronta a ribellarsi contro l’ingiustizia subita. Per vendicare la madre, condannata al rogo dal Conte di Luna, rapisce il figlio del nemico. Ma, in preda al delirio, finisce col gettare tra le fiamme il proprio bambino. Da lì nasce un destino beffardo: Manrico, il rapito, cresce come zingaro e diventa il trovatore protagonista, senza sapere di essere fratello del giovane Conte di Luna. I due si ritroveranno nemici in battaglia e rivali in amore fino al drammatico epilogo.

Stefania Blandeburgo

Portare Azucena al centro della scena non è stata una scelta casuale. Stefania Blandeburgo l’ha interpretata con intensità, sostenuta dal testo di Francesca Taormina e dal pianoforte di Maria Cristina Ciulla. Un monologo lungo e intenso, sostenuto da silenzi carichi di tensione e dal suono del pianoforte che li scandiva, come a dargli respiro, che hanno trasformato il palco in un luogo di confessione. Il pubblico, assorto e silenzioso, ha seguito ogni parola, ogni gesto che lasciava intravedere la tragicità e la profondità del tormento di Azucena.

È emersa una figura profondamente umana, piena di contraddizioni e di dolore.

Mario Conte

La serata si è chiusa con una sentenza a sorpresa pronunciata dal magistrato Mario Conte, consigliere della Prima Sezione Penale della Corte di Appello di Palermo. “Ad Azucena si possono concedere le attenuanti generiche – ha spiegato Mario Conte durante la sua “sentenza” finale – e i reati ipotizzati sono due: omicidio colposo e sottrazione di minore. Ma questo processo ci porta a riflettere su altro. I volontari delle carceri si occupano di una realtà tragica, che supera l’immaginazione ed è tremenda. Bisogna rivedere tutto il meccanismo del sistema, invece viviamo in una preoccupante improvvisazione: carceri che stanno esplodendo. Amnistia e indulto non sono rimedi in un Paese civile; chi ha sbagliato deve pagare, ma in maniera corretta. In Italia i risarcimenti per ingiusta detenzione sono invece tantissimi. Non bisogna mai confondere la giustizia umana con quella divina: quella umana è fatta dagli uomini, e dobbiamo fare in modo che funzioni sempre”.

Dopo lo spettacolo non sono mancate le testimonianze dirette, come quella di Franco Chinnici, già presidente di AsVoPe e oggi volontario dell’associazione, che ha parlato senza mezzi termini di una realtà “tremenda e tragica” dentro le carceri, segnata da suicidi e atti di autolesionismo sempre più frequenti.

Un appuntamento con momenti forti, che hanno reso il teatro un vero spazio di riflessione.

Dorotea Rizzo

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