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Mer, 12 Nov 2025
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Verifiche fiscali e diritti dei cittadini: l’Italia sotto la lente della CEDU

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L’Europa bacchetta Roma: le norme italiane sui controlli dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza non rispettano l’art. 8 della Convenzione europea. Con la legge 108/2025 l’esecutivo prova ad adeguarsi introducendo obblighi di motivazione per ogni accesso.

Come è noto, tra i numerosi strumenti d’indagine fiscale che la legge mette a disposizione degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, c’è anche la possibilità di effettuare, nei locali aziendali e, in taluni casi, in altri luoghi, accessi, ispezioni e verifiche.
I riferimenti normativi sono l’articolo 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e l’articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.

L’accesso è la facoltà dei Funzionari dell’Amministrazione Finanziaria di entrare nei luoghi dove il contribuente svolge attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, e di soffermarvisi, anche senza il consenso di chi ne ha la disponibilità, al fine di eseguirvi le operazioni richieste dalle esigenze ispettive. Rappresenta il primo approccio del controllo, raccogliendo documentazione ed altre informazioni di carattere immediato.

Le ispezioni, invece, sono un’attività d’indagine che, con l’osservazione, la constatazione e la rilevazione, e con l’approfondita analisi della documentazione esibita o raccolta, consentono l’acquisizione di elementi da cui potere trarre prove e indizi di evasione fiscale o di altre irregolarità.

Le verifiche, infine, costituiscono l’insieme delle attività con cui vengono esaminati, in maniera approfondita e globale, tutti gli elementi acquisiti tramite l’accesso e le ispezioni, allo scopo di eseguire l’analisi globale della situazione fiscale del contribuente.

Come già detto, queste forme di indagini fiscali sono eseguite accedendo, anche contro la volontà del soggetto da ispezionare, presso i luoghi dove lo stesso esercita la sua attività (d’impresa, professionale o artistica). Sono certamente modalità di controllo più “invasive” rispetto a tutte le altre attività d’indagine previste dalla legge, come l’invito al contribuente ad esibire documenti, l’invito a presentarsi in ufficio, a comunicare dati anche riguardanti altri contribuenti, ecc.
Ed è proprio per questi motivi che necessitano di particolari adempimenti.

Essi devono sempre concludersi con la redazione di un processo verbale di constatazione. Inoltre, devono sempre essere autorizzati, con un provvedimento firmato dal direttore dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate o dal Comandante della Guardia di Finanza, che va esibito all’interessato al momento dell’inizio dell’operazione di controllo.

Altri adempimenti sono necessari qualora vi sia la necessità di accedere in altri luoghi, diversi da quelli dove si svolge normalmente l’attività. Può esserci, infatti, bisogno di accedere in altri locali, talvolta adibiti ad attività professionale, ed addirittura può esserci pure bisogno di accedere presso locali adibiti anche, oppure esclusivamente, ad abitazioni.

In questi casi le regole per l’accesso sono molto più rigorose. Nel rispetto della legge costituzionale, infatti, la legge speciale (le disposizioni relative ai singoli tributi) consente l’accesso in questi posti solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica. Inoltre, quando si tratta di locali diversi da quelli destinati all’esercizio dell’attività svolta, l’autorizzazione del magistrato può essere rilasciata esclusivamente in presenza di gravi indizi di violazioni ed allo scopo di reperire documentazione ed altri elementi utili per dimostrare l’evasione.

Misure di garanzia, queste, che, non dimentichiamolo, sono necessitate dal rispetto di norme anche di natura costituzionale, tra le quali, fondamentalmente, quella dell’inviolabilità del domicilio di ogni cittadino (art. 14 Costituzione). Fa eccezione a questo principio solo l’accesso motivato da esigenze di sanità e incolumità pubblica, oppure di natura economica e fiscale, ipotesi, queste ultime, regolate però da leggi speciali.

Ma c’è un altro principio che riguarda il corretto svolgimento delle attività ispettive precedentemente citate. È un principio che regola la convivenza dei cittadini, ed è previsto dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo il quale:

«Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».

Ed è proprio su tale principio che, recentemente, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha fatto un rilievo all’Italia. Esisterebbe, infatti, un conflitto tra la normativa italiana e l’articolo 8 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo.

La Corte CEDU, in occasione della controversia riguardante la Società Italgomme Pneumatici srl, con sentenza n. 36617/18 del 6 febbraio 2025, ha dichiarato che la disciplina italiana in materia di verifiche fiscali viola il sopra riportato art. 8 nella parte che riguarda il rispetto della vita privata e del domicilio dei cittadini.

Secondo l’anzidetta Corte, l’ordinamento tributario italiano, con riguardo alle attività ispettive dell’amministrazione finanziaria, non soddisfa i requisiti di qualità della legge imposti dalla CEDU. Nel caso posto all’attenzione dei Giudici europei, l’accesso dei funzionari presso i locali aziendali ed il sequestro della documentazione (sociale e fiscale) dovevano essere considerati comportamenti illegittimi. Non solo perché difettavano di proporzionalità, ma anche perché la normativa nazionale non prevedeva un sufficiente limite ed un valido controllo al potere dell’Amministrazione Finanziaria.

E la CEDU ha dato ragione ai ricorrenti, ritenendo eccessivamente discrezionale l’attività dell’autorità fiscale, carenti le condizioni che giustificano dette attività e comunque poco bilanciati i poteri dell’amministrazione e la tutela del contribuente.

È stato richiesto, pertanto, all’Italia la riforma delle disposizioni che regolano le verifiche tributarie, adottando le misure generali appropriate al fine di allineare la sua legislazione e la sua prassi alle disposizioni della Corte.

Ed il nostro Esecutivo sta cercando di adeguarsi. È stata infatti pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 108 del 30 luglio 2025, che ha convertito in legge il Decreto legge “fiscale”, il n. 84 del 17 giugno 2025.

L’art. 13 bis di tale legge prevede l’obbligo, per gli uffici fiscali, di motivare sempre, in modo adeguato, ogni accesso presso le sedi di svolgimento delle attività d’impresa, artistiche e professionali, indicando, nell’autorizzazione rilasciata dal Capo dell’Ufficio, le circostanze che rendono necessario l’accesso. Una disposizione applicabile solo per gli accessi successivi all’entrata in vigore della legge.

La questione, comunque, è ancora oggetto di ampia discussione, sperando che l’Europa si contenti di questo intervento, che evidentemente cerca di conciliare l’esigenza di rispettare tutti i diritti umani e la necessità di combattere adeguatamente l’evasione fiscale.

Salvatore Forastieri

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